IL CAFTANO BLU
mercoledì 8 giovedì 9 gennaio 2025 - ore 21
(Le bleu du caftan) Regia: Maryam Touzani - Sceneggiatura: M. Touzani, Nabil Ayouk - Fotografia: Virginie Surdej - Montaggio: Nicolas Rumpl - Interpreti: Lubna Azabal, Saleh BaKri, Ayoub Messioui, Marocco 2022, 122’, Movies Inspired.
Quello di Maryam Touzani è un film che riesce a sorprendere, e a regalare allo spettatore una serie di risvolti e di considerazioni che sono tutt’altro che facili e scontati. (…) Credo che sia fortemente riduttivo vedere ne Il caftano blu un film queer, se questo significa ritenere che la tematica queer sia la centrale, destinata a mangiarsi tutto quello che ha intorno con la sua rilevanza politica. Quello di Touzani è un film che parla (anche) di altro. È un film, ovviamente, sull’amore in senso ampio e complesso, su varie tipologie di amore possibili, e non necessariamente legate alla sessualità, ma prima ancora è un film che parla di purezza, di dignità, di rispetto di sé e degli altri, di dovere e di altruismo. Un film che, in maniera ampia, articolata e mai superficiale, ragiona anche su una sorta di resistenza alle tante piccole e grandi violenze della società, che questo significhi tutelare i tempi e i modi del proprio lavoro o imparare a vivere la vita nel rispetto di ciò che si è e si desidera. Aiutata dai suoi attori (Lubna Azabal e Saleh Bakri che sono eccezionali nei panni di Mina e Halim), Maryam Touzani gira un film che rispecchia formalmente tutto quello che esiste e si agita sul piano del contenuto. (…) L’evoluzione del triangolo formato dai tre protagonisti, il suo progressivo aggiustamento che va nella direzione di una solidità fatta di comprensione e intimità è commovente, così come lo è il gesto finale di Halim: che in un film fatto di gesti piccoli e privati, assume una dimensione pubblica e grande, ma mai aggressiva, mai rabbiosa, mai rivendicativa. (Federico Gironi, www.comingsoon.it)
Touzani entra nell’intimità dei rapporti sempre con delicatezza, intrecciando le storie dei tre personaggi con la stessa cura e attenzione con cui Halim intreccia i fili dorati del caftano blu che sta confezionando per una ricca cliente. L’immagine narra costantemente le superfici: il blu delicato del caftano, le stoffe del negozio, le venature dei legni, le fibre dei mandarini, i polpastrelli delle mani, le grinze della pelle dei corpi. La fotografia dipinge degli splendidi quadri giallo-arancio, restituendo una luce sempre calda, accogliente, nonostante la malattia della protagonista avanzi sempre più, inquadratura dopo inquadratura. Colore e superficie si fondono e la luce, attentamente studiata, dipinge i corpi, come nei quadri fiamminghi… È un cinema di dettaglio, il suo, che non abbandona mai i corpi, perché resta profondamente nella loro intimità, con uno sguardo mai giudicante. Attraverso questi corpi e la materia, la regista racconta anche il Marocco, e la città: lo sguardo si sposta dalla radio del negozio sotto casa di Mina e Halim, agli intonaci scoloriti delle strade della Medina, alle piastrelle della sauna che Halim frequenta e dove consuma il suo amore omosessuale. (Brunella De Cola, www.sentieriselvaggi.it)