Suburbana Collegno

INSHALLAH A BOY

mercoledì 5 giovedì 6 marzo 2025 - ore 21

(Inshallah Walad) Regia: Amiad Al Rasheed - Sceneggiatura: Rula Nasser, Delphine Agut - Fotografia: Kanamé Onoyama - Montaggio: Ahmed Hafez - Interpreti: Mouna Hawa, Haitham Ibrahem Omari, Yumna Marwan, Salwa Nakkara, Mohammad Al Jizawi, Celina Rabab’a - Giordania/Francia/Arabia Saudita/Qatar 2023, 113’, Satine Film.

Nawal ha una figlia ancora bambina e vorrebbe concepire un altro figlio ma la morte improvvisa del marito sconvolge la sua vita. Il fratello dovrebbe sostenerla ma è comunque vincolato dal rispetto delle tradizioni. Il cognato, che aveva venduto un pick-up al marito e deve ricevere ancora delle rate di pagamento, inizia ad avanzare pretese pecuniarie. Se Nawal fosse incinta e se il nascituro fosse un maschio le cose cambierebbero.

È molto facile incasellare Inshallah a Boy nell’ampio e importantissimo filone cinematografico dedicato alla discriminazione delle donne nei paesi di cultura islamica, ma il film di Amjad Al Rasheed (…) non è solo questo. La dolorosa parabola della protagonista Nawal (la bravissima Mouna Hawa) non tratteggia solamente i tanti impedimenti che mettono la popolazione femminile in condizione subalterna a quella maschile (a partire dalle questioni legate all’eredità e alla tutela dei minori), ma si spinge oltre, mostrando con lucidità e dovizia di particolari un sistema corrotto fin dalle proprie radici, che impone paletti e mette in difficoltà le donne in ogni aspetto della loro quotidianità. (…) Ispirandosi a una vera vicenda legata alla sua famiglia, Amiad Al Rasheed firma un’opera prima di grande sostanza, perfettamente in linea con la crescente sensibilità nei confronti dell’uguaglianza di genere in tutto il mondo. Anche se Inshallah a Boy permeato dagli usi e dai costumi della Giordania, la storia di Nawal ha tratti universali, ancora più pronunciati in quanto a subire ingiustizie e prevaricazioni è una donna non coinvolta nell’attivismo, che cerca solo di sopravvivere in una società che vuole privarla della sua dignità. (Marco Paiano, www.lostincinema.it).

La macchina da presa segue ostinatamente Nawal mostrando tutte le sue preoccupazioni, i dubbi, il dolore, la ricerca di una soluzione che la spinge verso territori che non aveva pensato di esplorare. Non immaginava, ad esempio, di arrivare a mentire, perché è peccato, così come accompagnare un’altra donna ad abortire un figlio non desiderato. Neppure immaginava di dover vendere i suoi mobili e dover dormire per terra per saldare i debiti o di installare una app per incontri nella speranza di trovare un uomo che le possa garantire quella gravidanza che risolverebbe parecchi problemi. Buona parte del film si svolge in interni (anche perché una vedova non può uscire dopo che è calato il sole) e tutti sembrano schiacciare Nawal che si sente oppressa come un topo in gabbia (immagine che poi diventerà concreta nella pellicola), con i pensieri aggrovigliati come i capelli che scopre solo quando è da sola tra le sue mura domestiche quando può togliere l’hijab. Nawal è una donna ordinaria, priva di particolare astuzia, eppure troneggia in ogni caso tra gli uomini della sua vita: il defunto marito bugiardo, il fratello vigliacco, il cognato avido e senza scrupoli, i giudici ottusi. Nessun uomo è giusto in questo universo dove le donne non si spalleggiano perché incapaci di pensare in un mondo patriarcale. La pellicola si regge sull’interpretazione di Mouna Hawa, attrice di Haifa che ha recitato in Libere, disobbedienti, innamorate del 2016, che anche quando non parla fa udire la forza delle sue grida silenziose. (Vittoria Romaguolo, www.tg24.sky.it)